lunedì 25 novembre 2013
Nucleare: rientro scorie nucleari italiane e restituzione delle scorie di Elk River agli Usa
Si torna a parlare 90.000 metri cubi di scorie nucleare da ubicare in un sito unico nazionale, di cui una parte considerevole di scorie nucleari dovrebbe rientrare in Italia dopo il riprocessamento del combustibile esausto dalla Francia, dall’Inghilterra e dalla Svezia. Il rientro del combustibile lavorato all’estero (si riprocessa il vecchio ottenendo un poco di combustibile riutilizzabile per usi pacifici/bellici e rifiuti di lavorazione in modo esponenziale) è stabilito da contratto. Si paga la lavorazione (non sappiamo che fine fa il combustibile ricavato) e i rifiuti e/o le scorie nucleari vetrificate tornano ai legittimi proprietari.
Tutti ora si pongono il problema di dove rimpatriare queste scorie e ubicare il sito unico nazionale con un centro ricerche, anche i siti da dove è partito il combustibile da riprocessare (ad esempio Caorso).
Occorrerà del tempo per realizzarlo, minimo 4 anni e la roulette russa nucleare torna a girare sulla penisola Italiana.
Ai primi di novembre 2013 la Regione Emilia-Romagna ha approvato una risoluzione presentata dalla Lega che dice «no» all’installazione del deposito a Caorso, il sito della centrale (e del reattore noto come «Arturo») spenta nel 1987. I programmi prevedono il rientro del materiale radioattivo da Sellafield (Inghilterra) a partire dal 2019, e dalla Francia (La Hague) dal 2020 al 2025. Un chiaro e opportunistico comportamento, quello della Lega dell’Emilia Romagna, di chi era possessore di questi rifiuti e che ora vuole inviarle in altri siti o in altre regioni.
Se la legge internazionale è valida per le scorie italiane all’estero, dovrebbe essere la stessa cosa per quelle estere in Italia. Ci riferiamo alle 84 barre di Elk River che sono giunte in Italia ai primi degli anni 70 con un contratto di lavorazione (simile a quello di Caorso).Di cui 20 riprocessate nell'Itrec che hanno prodotto 3 mc di liquidi ad alta attività e che dovranno essere cementati (al posto della tecnica della vetrificazione) e che produrranno 480 mc di rifiuti solidi , più altri rifiuti nucleari di scarto di lavorazione già stoccati nei capannoni dell’Itrec e altre 64 barre di combustibile di U.th custodite sempre nelle piscine dell’Itrec.
Il problema quindi non dovrebbe minimante interessare la Basilicata o le regioni limitrofe, che devono invece restituire ai legittimi proprietari USA le 64 barre di Elk River e i rifiuti prodotti dal riprocessamento delle 20 barre lavorate, senza bisogno alcuno di accettare rifiuti nucleari provenienti da altri siti.
Ma questa si sa è una questione politica, e non avendo avuto sino a questo momento rappresentati politici lucani o meridionali capaci di farsi rispettare o meglio di tutelare il territorio, ogni circa 20 anni i nuclearisti tornano in Basilicata a propinarci il deposito nazionale (1978 Craco, 2003 Scanzano J).
Dobbiamo subire come per le estrazioni petrolifere (vedasi il caso Golfo di Venezia/Golfo di Taranto ,con la mancata applicazione del principio di precauzione per i nostri mari rispetto a quello Veneto da parte del Ministro Zanonato) la presunzione politica e territoriale dei politici di altre regioni (che giustamente pensano al loro orto).La neo eletta amministrazione della regione Basilicata con il suo presidente Pittella faccia tesoro degli errori del passato e della scarsa considerazione (o incapacità) che hanno i politici lucani nel contesto politico Italiano. I lucani e i meridionali dal canto loro sono stanchi di subire anche queste vessazioni politiche e non accetteranno alcuno sfruttamento indiscriminato del territorio e continueranno a mobilitarsi come per Scanzano Jonico nel 2003.
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