lunedì 2 settembre 2013
Basilicata Eni to Eni
E basta con questo potere salvifico assegnato al petrolio lucano. Onestamente, non se ne può più di questa bugia colossale che dopo 60 anni di estrazioni minerarie, e dopo 30 anni di investimenti nella politica economica industriale, a discapito dell’agricoltura, del turismo e delle piccole e medie imprese lucane, vede la Basilicata primeggiare nella disoccupazione (quella giovanile è circa il 30%), nell’emigrazione (2,8 lucani ogni mille abitanti se ne vanno dalla Basilicata) e, secondo l’Istat, nel triste primato di regione più povera d’Italia.
Prima ci si è messo il direttore di “Nomisma Energia”, Davide Tabarelli: ha accusato gli ambientalisti di bloccare (?) investimenti per 5 miliardi di euro, di far perdere migliaia di posti di lavoro e di non essersi accorti che il petrolio non inquina. Dimenticandosi, il caro Tabarelli, che lui è l’ultimo a dover prendere la parola perché Nomisma Energia è una società di servizi e consulenze per le compagnie minerarie; che è riconosciuto a livello internazionale che la filiera del petrolio è cancerogena; che il più grande centro oli d’Europa realizzato a Viggiano, in Basilicata, 18 mila mq. di superficie, costato 16 anni fa l’equivalente di circa 1 miliardo di euro, ha finora dato occupazione ad appena 57 lucani. Dunque, con altri 5 miliardi di investimenti daremmo occupazione ad altre 200 persone? Ma si rende conto del paradosso che oramai contiene uno sviluppo economico incentrato sullo sfruttamento massivo dell’energia fossile, con ingenti capitali e scarso ritorno collettivo? Con una cifra del genere investita nelle piccole e medie imprese lucane, magari rese energeticamente autonome dal fossile e dalla rete elettrica Terna, l’occupazione sarebbe esponenziale e forse ripopoleremmo questa regione, anziché desertificarla.
Poi ci si è messo, al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, addirittura il presidente dell’Eni, Giuseppe Recchi: su una società come quella del cane a sei zampe, che fa ricavi da 127 miliardi di euro, che estrae giornalmente circa 2 milioni di barili di greggio e, annualmente, più di 100 miliardi di mc. di gas in tutto il mondo, coglie l’occasione per far sapere alla nazione (e alla Compagnia delle Opere) che il «petrolio lucano salverà l’Italia».
Per chi non lo sapesse, il greggio lucano è esiguo. A dispetto del luogo comune che lo definisce artatamente il “più grande giacimento d’Europa in terraferma”, vanta invece appena mezzo miliardo di barili (è la stima del giacimento secondo lo stesso Tabarelli e la stessa Eni). È un petrolio di pessima qualità in quanto è strapieno di zolfo, mercaptani e altre gravi sostanze inquinanti e cancerogene, per cui è ottimo per fare bitume e composti azotati, ma non benzina. Con i suoi 91 mila barili al giorno (il 4,5% dei barili estratti dall’Eni) e il suo miliardo di mc. annui di gas (l’1% del gas trattato dall’Eni) gli idrocarburi lucani coprono appena il 6% del fabbisogno nazionale e annuale di petrolio e circa l’1,5% di quello del gas. Tradotto in cifre comprensibili per tutti, parliamo di appena 16 giorni di consumi di petrolio e appena 4,5 giorni di riscaldamento delle famiglie italiane in pieno inverno, per cui, non si capisce quale ritorno avrebbe la nazione nel rendere un colabrodo questa regione che, invece, è sicuramente uno dei più importanti e significativi bacini idrici europei, le cui acque danno da bere e da “mangiare”, nel Meridione, a milioni di persone, milioni di capi di bestiame e milioni di ettari di terreno. E allora, oltre al fatto acclarato che l’Eni ha in Basilicata ha una specie di patente di corsa che le consente di perforare in barba a ogni regola sociale, dato che non la ferma nemmeno la vicinanza di un ospedale né il rischio di inquinare irreversibilmente le sorgenti e i bacini idrici dei fiumi lucani, perché tanto interesse per questa pozzanghera di giacimento petrolifero?
Un motivo l’abbiamo già capito: svuotano i giacimenti per fare poi speculazione e business con lo stoccaggio di gas. Per l’altra, stiamo ancora aspettando una risposta, sia dall’Eni che dal ministro per lo Sviluppo economico: in Basilicata l’Eni ha dei pozzi che sono dichiarati per l’estrazione di gas, ma insolitamente inquinano col petrolio.
Fondi neri ed evasione fiscale?
Vito Petrocelli
Portavoce M5S Senato
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