lunedì 9 settembre 2013
I numeri primi del catrame lucano e Lacorazza
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Esordisce proprio male il neo aspirante governatore lucano Piero Lacorazza alla festa degli idrocarburi piu che del lavoro della Cgil a Potenza(una serata interamente dedicata all’energia con il ministro Zanonato), e ci sembra il degno erede di Defilippo proprio quando parla di partito unico del petrolio .Lo stesso partito unico che in regione ha firmato il memorandum per il raddoppio delle estrazioni petrolifere (ribadiamo a titolo personale nessuno degli amministratori regionali avrebbero mai venduto casa propria o il proprio terreno su una promessa di pagamento) e senza consultare la popolazione lucana dopo l’esperienza negativa sull’estrazione petrolifera vissuta in Val d’Agri .Con l’aggravante che gli stessi sindaci del Pd della valle dell’Agri (area di estrazione petrolifera) sono contrari e scontenti della gestione del petrolio nei propri territori. La brutta esperienza del catrame in Basilicata, invece, è ben certificata dai numeri primi delle royalites (quelle che i sindaci ribelli rincorrono e vogliono dividere con la regione Basilicata beccandosi altre trivelle ) .I cosidetti benefici(royalites) del catrame lucano sono solo un’illusione perché ammontano ad appena il 3,5% del bilancio regionale
Quindi mentre prendiamo soldi come compensazione per l’estrazione di idrocarburi, contemporaneamente perdiamo in fondi Ue nella misura del 9% del bilancio in quanto la Basilicata è uscita fuori dall’obiettivo uno per colpa del PIL del petrolio(regione considerata ricca ma in realtà povera in base ai dati Istat ). Quindi, i benefici derivanti del petrolio, in termini economici, sono solo uno specchietto per le allodole ,chiara dimostrazione che chi decide delle sorti della Basilicata non è proprio un genio della matematica. Allora qualcuno potrebbe dire che la soluzione è proprio da trovare nell’aumento delle royalites al 40% (governo permettendo), ma anche in questo caso c’è un problema. Infatti quel 40% di incremento, inciderà sul bilancio regionale solo nella misura del 14 % (+spiccioli card carburanti) di denari a termine, dato economico di nessun pregio se si considera sempre la perdita del 9% dei fondi UE e i danni, che nessuno si è preso la pena di quantizzare, sulle economie locali ,sui prodotti agricoli e sulle attività turistiche per colpa dell’inquinamento e della svalutazione urbanistica dei centri dove sono presenti le trivelle.
Anche in questo caso la matematica per alcuni è solo un concetto astratto .
E poi cosa dobbiamo dire del danno sanitario (pagato dai cittadini con i loro soldi ) per l’incidenza delle malattie causate dalle filiere cancerogene legate all’estrazione del petrolio (estrazione, lavorazione e produzione di rifiuti petroliferi), del consumo di acqua ( 8 barili per un barile di petrolio) e del danno irreversibile alle nostre falde acquifere?
Nessuna spiegazione danno i tanti speranzosi alle prossime competizioni elettorali sulla presenza di metalli pesanti, bario e idrocarburi nel Pertusillo e nelle falde che affiorano vicino i pozzi di reinezione come certificato da analisi fatte dalle associazioni.
Ma forse le domande non hanno risposte perché per alcune persone il problema neanche esiste. Basta solo ignorarlo, fare finta che non ci sia per eliminarlo portando avanti la discussione solo e soltanto sui soldi.
Eppure l’acqua lucana è una risorsa strategica nazionale che soddisfa l’economia di due regioni e circa 4 milioni di persone .
Acqua che produce royalites rinnovabili e durature nel tempo a differenza di quelle del catrame che sono a termine. Un’ottima amministrazione regionale potrebbe invece recuperare senza estrarre petrolio la quota parte lucana di sprechi legati alla pubblica amministrazione in corruzione (70 miliardi/anno/italia) stimata dalla corte dei conti .Un risparmio di bilancio per una quota lucana pari a circa 650 milioni di euro (% su abitanti ) per un valore di circa il 18,5% del Bilancio della Basilicata. La Corazza dimentica che tutte le aree interessate dalle estrazioni hanno un bacino di popolazione di appena 38.000 abitanti che non possono condizionare in nessun modo la vita e il futuro dei restanti 555.000 lucani che hanno detto già no con i propri cittadini e le amministrazioni alle estrazioni petrolifere in terra e mare. La Corazza dimentica che il petrolio si estrae se sussistono le condizioni ambientali ed economiche ,e la seconda prescinde in modo inderogabile dalla prima ,e in Basilicata non c’è nessuna delle due condizioni. I cittadini lucani poi sono tassati come tutti gli italiani, e al pari di tutti gli abitanti della penisola devono avere uguali servizi , uguale tutela senza discriminazioni di nessun tipo e senza dover sentire parlare di “ zone a minore sensibilità ambientale” come ha detto il Ministro Zanonato, oppure “ostacoli ambientali” come ha detto Tabarelli e, come afferma Latronico “ambiente che non può essere un’alibi per frenare lo sviluppo economico”.
Il dovere di chi ci amministra, di chi ha potere politico e decisionale è quello di rispettare la volontà della popolazione , di proteggerla da danni ambientali e di garantire le risorse di acqua potabile in quanto unico e solo bene d’ inestimabile valore economico.
Ma forse in Basilicata siamo tutte vittime di un razzismo ambientale e possiamo e dobbiamo essere sacrificate al petrolio rispetto ad altre zone perché non meritiamo tutela , perché abbiamo lobby di potere che ci remano contro e politici che parlano di raddoppio delle estrazioni e raddoppio di diritti minerari. Peccato che per strada si dimenticano dell’acqua potabile, dell’ambiente e della salute dei cittadini, forse perché per questi beni nessuno è in grado di quantificarne il vantaggio economico. E forse la ragione di tanti disastri ambientali, di tanta disoccupazione e disperazione in Basilicata è tutta qui!.
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