venerdì 20 gennaio 2017

DERIVATI : LE SOLUZIONI PERCORSE DA ALTRE REGIONI E COMUNI

sileo-dina

Di fronte all’immobilismo della Regione Basilicata sulle costanti perdite conseguenziali ai contratti dei “Derivati”, altri Enti  - Regioni e Comuni hanno invece cercato una strada per giungere ad una soluzione .

Analizziamo i casi della Regione Piemonte e del Comune di Prato.

La Regione Piemonte aveva proceduto all’emissione di due prestiti obbligazionari, alle quali era stata affiancata la stipula di contratti derivati come previsti dalla normativa vigente (art. 41, comma 2, L. 28 dicembre 2001 n. 448).Successivamente la Regione aveva maturato la convinzione dell’illegittimità dei contratti derivati posti in essere, per violazione sotto diversi profili della normativa vigente, per l’inidoneità a realizzare un contenimento del costo dell’indebitamento e quindi a coprire il rischio, per l’esistenza di costi impliciti e la violazione da parte delle banche degli obblighi di corretta e completa informazione, con pregiudizio dell’interesse pubblico ad evitare ulteriori esborsi fortemente lesivi dell’equilibrio finanziario regionale, prevalente sul sacrificio imposto alle banche.Su dette basi, la Regione procedeva quindi, in via di autotutela, all’annullamento d’ufficio degli stessi contratti derivati .Uno degli istituti bancari incaricato del collocamento del prestito, con cui erano stati stipulati i contratti derivati, impugnava allora gli atti di autotutela davanti al TAR del Piemonte, deducendo una serie di illegittimità ed inoltre la nullità degli atti adottati per carenza assoluta di potere e la loro inidoneità a determinare la caducazione degli effetti contrattuali. Con sentenza di primo grado, il TAR del Piemonte affermava il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ritenendo che l’Amministrazione non disponesse del potere di procedere all’annullamento in autotutela, in quanto il petitum sostanziale emergente dagli atti portava a concludere nel senso della natura privatistica del rapporto controverso.La Regione Piemonte  appellava la decisione del TAR avanti la Sezione V del Consiglio di Stato, la quale, valutata la possibilità di contrasti giurisprudenziali e la rilevanza anche economica della questione di giurisdizione, ne  rimetteva l’esame all’Adunanza Plenaria. Con la sentenza in oggetto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, per le ragioni di seguito esposte, riconosceva l’infondatezza dell’appello della Regione Piemonte e confermava la sentenza appellata.Lo scopo dell’annullamento dei contratti in questione, a carico dei quali la Regione aveva ravvisato, secondo gli esiti di apposita consulenza, molteplici cause di illegittimità, doveva essere perseguito, dice il Collegio, tenendo conto della natura privatistica degli atti di cui assume l’invalidità e della conseguente posizione paritaria rivestita dall’ente pubblico che si sia vincolato contrattualmente al soggetto privato (art. 1, comma 1-bis l. n. 241 del 1990).La Regione, invece, ha ritenuto di poter perseguire lo stesso scopo annullando –in parte qua- la deliberazione, puntando sull’effetto caducante (o viziante) che può prodursi a carico del contratto per effetto dell’annullamento dell’atto presupposto. Ma, prosegue e sottolinea l’Adunanza Plenaria, affinché tale scelta risultasse praticabile occorreva che l’atto presupposto assumesse il carattere dell’atto realmente prodromico rispetto alla successiva contrattazione, ossia si configurasse come determinazione autoritativa procedimentalizzata e riferita ai contenuti essenziali dell’operazione da porre in essere.Quindi, argomentando a contrario sulla motivazione della sentenza dell’adunanza Plenaria, per il Consiglio di Stato la decisione della Regione Piemonte, diretta espressione dell’esercizio di potere di autotutela non fa venire meno l’interesse a impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti amministrativi prodromici di un negozio privato, atteso che il loro annullamento produce un effetto viziante del negozio a valle. Di qui la conseguente possibilità di: azionare rimedi risarcitori, impugnare il negozio davanti al giudice ordinario, chiedere all’amministrazione l’ottemperanza al giudicato amministrativo e, in caso di perdurante inottemperanza, adire il giudice amministrativo che in sede di ottemperanza può intervenire sulla sorte del contratto.Vi è da chiedersi se il procedimento di formazione degli atti prodromici alla stipula dei contratti  derivati per la Regione Basilicata è esente da vizi?E se con attenta analisi degli stessi si potrebbe percorrere una prima via in autotutela come per la Regione Piemonte.Qualcuno potrebbe in tal caso eccepire il fatto che la successiva competenza a dichiarare la nullità del contratto spetterebbe ad un foro non italiano. Bene , vediamo nel caso del Comune di Prato cosa è accaduto.Con la sentenza depositata il 29 giugno scorso  in relazione al caso n. 1456/2010, l’Alta Corte di Londra ha statuito che i contratti derivati stipulati tra Dexia Crediop e il Comune di Prato sono nulli in quanto la documentazione contrattuale non contemplava la facoltà di recesso in capo al Comune di Prato nei sette giorni successivi alla stipula. La previsione di questa facoltà era imposta dall’art. 30, comma 7, del D. Lgs. 58/98 (il Testo Unico della Finanza, TUF). Ad avviso dell’Alta Corte di Londra l’art. 30, comma 7, costituisce una norma imperativa inderogabile dalle parti, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della Convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali, indipendentemente dal fatto che le parti abbiano scelto di assoggettare i contratti alla legge inglese, utilizzando i relativi modelli contrattuali predisposti dall’ISDA. E’ questo il plesso motivazionale da cui discende la nullità dei sei contratti swap oggetto della disputa.Orbene, per il giudice inglese, la sottoscrizione dei contratti derivati tra il Comune di Prato e Dexia è avvenuta in esito ad una attività di offerta fuori sede degli stessi da parte della banca. In presenza di detto presupposto di fatto (la sollecitazione, per usare i termini della Suprema Corte, svolta dalla banca nei confronti del cliente a sottoscrivere i contratti) nonchè della natura di operatore non qualificato del Comune (circostanza altrettanto essenziale perché trovi applicazione lo ius poenitendi ed accertata ad hoc dal giudice inglese), deve inderogabilmente applicarsi l’art. 30 comma 7 del TUF e la sanzione che la legge italiana (per come interpretata da Cassazione SS.UU. 13905/2013) prevede in caso di omessa previsione della ius poenitendi in capo al Comune di Prato: il cliente (ovvero il Comune nel caso di specie) può sempre far valere la nullità dei contratti.

Orbene due casi e due strade eventualmente da intraprendere per la Regione Basilicata.Due suggerimenti utili per quegli addetti ai lavori e consulenti incaricati allo studio della questione e degli atti che purtroppo la scrivente, avvocato, non può esaminare.

Dina Sileo

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