Sono otto le persone dell'Ilva finite ieri agli arresti domiciliari su disposizione del gip Patrizia Todisco accusate del reato di disastro ambientale colposo e doloso. Oltre agli ex presidenti dell'Ilva, Emilio e Nicola Riva (padre e figlio), all'ex direttore del siderurgico di Taranto, Luigi Capogrosso, e ai responsabili dell'area sottoprodotti Ivan Di Maggio e dell'area aglomerato Angelo Cavallo, il provvedimento restrittivo ha raggiunto anche Salvatore D'Alo', capo delle acciaierie 1 e 2 dell'Ilva di Taranto, Salvatore De De Felice, gia' capo area altiforni e attuale direttore del siderurgico di Taranto dopo le dimissioni di Capogrosso avvenute qualche settimana fa, e Marco Andelmi, responsabile dell'area parchi minerali. Le ordinanze sono state finite di notificare poco fa dai Carabinieri.
A preoccupare però è anche il futuro delle migliaia di lavoratori dello stabilimento tarantino e dell'intero indotto. Sono infatti centinaia le aziende della costa jonica, da Taranto alla Calabria, e della Basilicata collegate all'Ilva. Una situazione che potrebbe avere gravi ripercussioni economiche quindi anche per i lucani, basti pensare ai tanti lavoratori o aziende legate al futuro dell'Ilva o al collegamento del centro Oli di Viggiano con Taranto e chiedersi se la produzione si fermerà. Di sicuro però dalla Puglia arriva un segnale importante: non si può più fare tutto senza preoccuparsi dell'ambiente, della salute delle persone e delle conseguenze da pagare. La Basilicata è avvisata. Pozzi petroliferi e Fenice, solo per citare due casi di una lunga lista, non possono dormire più sonni tranquilli.
(Gianluca Colletta)
Nessun commento:
Posta un commento